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Armenia e Georgia

Nei ricordi scolastici il Caucaso si posizionava come il confine naturale tra l’Europa e l’Asia. Nel progetto di un viaggio si configurava come la cerniera tra due precedenti esperienze: Iran e Siria-Giordania. Il primo aggancio è di facile comprensione: il nord dell’Iran faceva parte della grande Armenia con le sue chiese e i suoi monasteri, ma Siria e Giordania? Bene ciò che le accomuna al Caucaso è il destino di terre di passaggio, di culture che si sono incontrate e scontrate.

Dal Caucaso passava uno dei rami della Via della Seta, il Caucaso è stato il ponte attraverso il quale sono transitate la cultura persiana e quella ellenistica, ma ancora prima di qui sono passati gli ominidi nelle loro migrazioni verso l’Asia e, probabilmente, gli Ittiti nella loro discesa verso la Mesopotamia. L’esperienza di viaggio è stata veramente interessante dal punto di vista culturale, paesaggistico e del rapporto con le persone.

Armenia

L’Armenia con le sue chiese che, secondo alcuni, hanno dato origine all’architettura romanica, i suoi khatchkars, le croci di pietra che sembrano merletti, il colore rosato delle pietre con cui sono costruite le case è stata una sorpresa. Certo molto ha contribuito alla conoscenza approfondita dell’Armenia, della sua storia, della sua cultura la bravura, l’entusiasmo e la passione della nostra guida, una docente che insegna italiano all’università di Yerevan e che fa la guida per la nostra ambasciata. Più che un viaggio tra monumenti è stato un viaggio tra le radici culturali di questa terra. l’Armenia ha la consapevolezza di essere stata portatrice di grande cultura, ma anche di essere stata spartita senza rispetto per l’identità del suo popolo. Questa identità è basata sulla conversione al cristianesimo: l’Armenia è il primo esempio al mondo di conversione di un paese intero alla fede cristiana. L’identità religiosa ha fatto da collante in tutte le traversie di quel popolo. Ma più di tutto in Armenia si avverte il grande dolore per il genocidio perpetrato dai turchi e non riconosciuto universalmente; è una ferita profonda, un dolore che si respira. E a questo eccidio si lega una specie di adorazione per il monte Ararat, il monte dell’arca, che ora appartiene alla Turchia e da Yerevan è visibile da ogni punto. E’ considerato dagli Armeni la casa spirituale, il simbolo della nazione ed è per questo nel centro dell’emblema nazionale. Ai Turchi, che obiettavano questa scelta, gli Armeni ribatterono che loro si erano presi nella bandiera la luna che è di tutti.

La visita al Tsitsernakaberd, il museo del genocidio armeno, non ha bisogno di commenti: è la convolgente testimonianza del massacro di circa 1.500.000 armeni da parte dei turchi ottomani e delle forze turche repubblicane tra il 1915 e il 1922, uno degli esempi di pulizia etnica che segna ancora oggi drammaticamente la storia europea. Orgoglio degli Armeni è il Matenadaran, il museo che raccoglie 17.000 manoscritti armeni e 100.000 documenti storici medievali e moderni. Il primo museo per i manoscritti fu fatto erigere da Mashtots, l’inventore dell’alfabeto armeno. E la lettura per gli Armeni è molto importante: in ogni casa, anche la più modesta, si trova una raccolta di libri. Uscendo da Yerevan si visitano chiese e monasteri spettacolari per la posizione, particolari per l’architettura, ma si incontrano anche caravanserragli, tracce ellenistiche che testimoniano il passaggio di culture diverse. A Zorakarer Karahunj vi è un sito preistorico di chilometri di file di pietre tombali risalenti al 3.000 a.C. Queste pietre hanno significati astronomici, sono orientate in modo da seguire il “percorso del sole” e per questo è chiamato la Stonehenge dell’Armenia.

A Garni si trova un tempio che imita il Partendone, con uno stilobate in basalto e un porticato composto da 24 colonne di stile ionico. Interessanti sono i bagni di epoca romana con la cella per il riscaldamento delle acque e il pavimento decorato con bei mosaici. E poi appare l’oriente con il caravanserraglio di Selim costruito, con blocchi di basalto dotato di una grande sala centrale per il ricovero degli animali. Fu costruito quando la grande Via della Seta passava dall’Iran attraverso Goris per transitare per il passo di Selim e prendere la direzione dell’Europa.L’Armenia ha la mente all’occidente, ma il cuore ad oriente. Il contatto con la gente ospitale, dignitosa in una condizione economica non certo invidiabile è stato facile e piacevole. Nelle loro case abbiamo assaporato il loro senso dell’ospite.

Georgia

La stessa atmosfera si è assaporata in Georgia dove la gente, però, è più allegra, chiacchierona, ma ugualmente ospitale. Alloggiando presso famiglie si fanno grandi abbuffate. Sia a colazione sia a cena i proprietari presentano tavole imbandite con una gran varietà di scelta e poi è obbligatorio il toast, il brindisi. Il capotavola deve spesso alzare il bicchiere e fare un lungo brindisi ai presenti, ai loro parenti e amici, ai grandi princìpi della vita …. a tutto. Per fortuna il vino è buono!!! I georgiani sono allegri e loquaci, simpaticoni e con un grandissimo senso dell’ospitalità. Anche in Georgia l’itinerario ha offerto panorami stupendi: montagne innevate, valli strette con vegetazione intatta e per contrasto paesaggi semidesertici. E anche in questa terra numerose chiese, un grande senso religioso e una fede quasi ostentata, cerimonie di rito ortodosso con grande partecipazioni di fedeli. Poi villaggi con costruzioni che ricordano lo Yemen e il Marocco: Shatili, un villaggio sperduto, raggiungibile attraverso una impervia strada di montagna che passa tra paesi i quali, durante la stagione invernale, rimangono completamente isolati.

Dopo aver attraversato una zona bellissima con vallate verdi disabitate, alla fine si raggiunge la meta e sembra di ributtarsi nel medioevo:case turrite in pietra, l’erba dei prati tagliata con la falce, i carri trainati dai buoi sono il mezzo di trasporto più comune. La popolazione ha l’orgoglio e la durezza tipica del montanaro, il carattere bellicoso li ha preservati dalle continue irruzioni e le case con le torri, addossate le une alle altre sono la dimostrazione di una continua esigenza di difesa. Si trovano simboli religiosi cristiani, ma permangono molte usanze pagane. Rimangono pressoché intatte le vecchie usanze come il “stsorproba” secondo il quale gli sposi, prima del matrimonio, devono trascorrere una notte nel letto nuziale con una spada messa tra loro. Se hanno un rapporto sessuale vengono condannati (una volta a morte ora, per fortuna non più!). Mestia: Paese sperduto della Svanetia. Anche qui case turrite che risalgono al XII secolo quando la vita era concentrata in una sola stanza con focolare che in inverno ospitava anche gli animali per aiutare a riscaldare l’ambiente. Da Mestia, percorrendo una brutta strada di montagna si giunge a Ushguli un insieme di borghi con case fortezza e anche qui sembra di essere tornati indietro nel tempo. E poi ancora un salto in epoche più lontane: le impronte dei dinosauri nel parco di Kutaisi, Uplistisikhe una città interamente costruita nelle caverne. Uplistisikhe sembra rispondere a tutti i canoni dei primi insediamenti umani: monti che offrono protezione alle spalle, elevazione su una zona pianeggiante lungo la riva di un fiume, il Mtkvari. E’ un insediamento che risale al primo millennio avanti Cristo, quando qui si stabilirono tribù di passaggio che trovarono un habitat ideale per il clima, per la fertilità della terra, per la naturale barriera che impediva attacchi di sorpresa, per la presenza del fiume che rappresentava anche una via di comunicazione. Tutte queste condizioni favorevoli hanno permesso lo sviluppo della città che ha mantenuto la sua struttura fino in tarda epoca ellenistica (I e II secolo dopo Cristo) arricchendosi dal punto di vista architettonico. E ancora una volta a ricordarci come qui le culture dell’Est e dell’Ovest si incrociavano si possono ammirare gli iwan che si ritrovano anche nell’architettura persiana. Questo è uno dei luoghi più suggestivi ed evocativi: passeggiando ed inerpicandosi sui tre livelli in cui è divisa la città sembra di immergersi in quell’atmosfera che si doveva vivere quando la città era abitata e popolata, con le sue case, il suo tribunale scavato in una profonda roccia. Un altro complesso interamente scavato nella roccia è Vardzia in prossimità del confine con la Turchia. E’ un monastero, ancora usato, fatto costruire dalla regina Tamar nel 1185. La città si snoda su 13 piani e ospitava 50000 persone. Sul fronte a valle per riparare le grotte alla vista vi era una parete rocciosa che è andata distrutta con il terremoto del 1283. Un sistema di scale scavate all’interno delle grotte mette in comunicazione i diversi piani e le abitazioni. In alcune parti sono funzionanti le antiche condotte che trasportano l’acqua potabile che proviene dalle sorgenti E’ ancora visibile la farmacia con le piccole nicchie ove erano disposte le piante officinali. Queste sono solo alcune delle innumerevoli attrazioni che offrono Armenia e Georgia, due mete che sicuramente non offrono la peculiarità di molte zone del mondo più spettacolari; permettono, però, un avvicinamento a culture e popolazioni a noi così vicine, ma poco conosciute. Un viaggio che merita.

Articolo di Bruna Bianco tratto da Argonauti Explorer

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